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mercoledì 6 agosto 2025

LE LAVANDAIE

 
Ricordi in bianco e nero. Sì, quando si pensa ad un lavatoio si viene subito catapultati in un tempo passato, che sembra remoto.

Le lavandaie passavano ore chinate sui panni, strofinando con fatica per rimuovere lo sporco, le loro mani diventavano raggrinzite e provate dalla lunga esposizione all'acqua e al freddo nei lavatoi pubblici, luoghi dove le donne potevano finalmente lavorare in piedi, mantenendo una posizione più eretta, e dove le prime rivendicazioni dei diritti femminili hanno preso piede, o sulle rive dei fiumi; ciò nonostante, anche se questi luoghi non erano solo spazi per lavare i panni, ma anche punti di ritrovo dove le donne condividevano storie, pettegolezzi e canzoni; seguivano un rituale preciso, dall'ammollo alla strizzatura, con l'uso di ranno (acqua saponata con cenere) e il risciacquo nei corsi d'acqua, oltre al loro lavoro, hanno contribuito alla socialità e alla trasmissione di storie e tradizioni. 

Questa è una delle ragioni per cui i lavatoi sono luoghi storici tutelati, secondo le direttive dell’Unione Europea. La figura della lavandaia è stata oggetto di pittori, scultori, poeti e scrittori. Giovanni Pascoli, ad esempio, le ha dedicato una notissima poesia “Lavandare” e poi, chi non ha mai cantato "La bella lavanderina"?

Il mestiere delle lavandaie ha dato vita a numerosi proverbi e modi di dire, spesso legati alla loro fatica e alla loro capacità di adattamento. Un esempio è "cattiva lavandaia, mai trova la pietra giusta", che indica la tendenza a cercare scuse per non svolgere un compito. Erano associate a credenze popolari e tradizioni, come la protezione di Sant'Anna o la credenza che il primo venerdì di novilunio fosse sfortunato per il bucato, vi erano anche avvezzi alla figura quando veniva associato il loro ginocchio ad un brutto vedere o per definire una donna pettegola si usava il termine “lavandaia" si partecipava alle gioie e alle disgrazie delle une e delle altre, si cantavano canzoni, si rideva e si rifletteva sulla condizione della donna. Proprio qui sono nate le prime rivendicazioni dei diritti femminili. Il loro lavoro era spesso associato a donne sole, come madri nubili, vedove o donne senza supporto maschile. 

Con il tempo il lavoro di lavandaia iniziò ad essere un vero e proprio mestiere, nacquero ditte che scendevano in città a prendere i panni da lavare, che poi riconsegnavano puliti. Nel 1850 apparvero le prime lavatrici meccanizzate, con centrifughe a elica, rulli di gomma ai lati di enormi tinozze per strizzare velocemente la biancheria. Per la donna forse la più grande invenzione del ‘900, sicuramente fattore di emancipazione femminile che l’ha affrancata da uno dei lavori più pesanti che si possano immaginare, modificando definitivamente l'associazione che si da alla parola “lavandaia”.

Al giorno d'oggi molto spesso si associa il bucato ad una scocciatura, eppure siamo dotti di tecnologie che allora nemmeno si sognavano, a prezzi più o meno abbordabili abbiamo lavatrici di ultima generazione che fanno il lavoro che all'epoca impegnava anche oltre 12 ore in una giornata, eppure qualcosa mi dice che ci abbiamo guadagnato solo in tempo di attesa.

Viene anche da dire che oggi ci lamentiamo un po' di tutto e di tutti, in fondo non diversamente pettegole, proprio come le nostre antenate: le lavandaie.